notizie storico-critiche | L'opera, una delle più note di Palizzi e datata dall'Elenco Cronologico al 1864 (uno "Studio di stagno" fu presente all'Esposizione Universale di Parigi del 1867, cfr. Di Majo 2006), rappresenta uno degli esiti maggiori della produzione del pittore, per composizione, orchestrazione cromatica, resa atmosferica e fa parte di un gruppo di opere realizzate dall'artista a Cava verosimilmente nell'estate dello stesso anno, accomunate da una resa pittorica estremamente luminosa. Sulla grande pozzanghera color fango si riflettono gli alberi controluce e la giovinetta appoggiata ad uno di essi, mentre molteplici effetti di luce caratterizzano la resa delle foglie degli alberi, dei fili d'erba e dei capelli della bimba di spalle in primo piano. Nella resa di questi particolari è apprezzabile la tipica tecnica palizziana, costituita da micro-tocchi luministici, particelle e guizzi di luce apposti a punta di pennello sulla superficie, capace, allo stesso tempo, di rendere perfettamente l'atmosfera umida del luogo.La tematica aneddotica e il ripetersi di alcune soluzioni compositive, soprattutto nell'atteggiamento dei pastorelli, rappresentano caratteristiche peculiari nella poetica del pittore, rivelandone ad un tempo anche il limite. Tuttavia, va sottolineato che l'interesse precipuo di Palizzi è indirizzato alla resa luministica e atmosferica, ad una scelta deliberata di motivi dimessi e quotidiani a cui deve rispondere una resa schietta, sincera e quanto mai naturale. Dietro siffatte scelte poetiche, soprattutto negli anni giovanili, non sono estranee anche volontà di rinnovamento politico, che si traducevano in un'adesione agli ideali liberali, elemento che caratterizzerà, peraltro, le di poco successive rivoluzioni artistiche toscane. Palizzi, tuttavia, non abbracciò mai i contenuti sociali del realismo, ma fece del naturalismo e del verismo in contrapposizione all'arte ufficiale la sua battaglia, nel momento in cui abbandonò la pittura di storia o di figura a favore degli aspetti più quotidiani della realtà. Infatti, come è stato più volte osservato dalla critica, ritrarre pastori o animali rappresenta l'aspetto più ribelle della sua opera, aspetto di ampio successo e diffusione tra i pittori che porterà però allo scadere nel genere aneddotico o oleografico di certa pittura napoletana del secondo ottocento. Ad ogni modo, l'opera di Palizzi ebbe una forte eco anche fuori dal napoletano grazie anche all'intercessione di pittori a lui contigui trasferitesi nelle principali città italiane, come Vertunni a Roma e Altamura a Firenze. Nel 1861, inoltre, pur non partecipando alla Prima Esposizione Nazionale di Firenze per dissidi con la giuria, Palizzi presentò una selezione delle sue opere proprio nello studio di Altamura, permettendo in questo modo la conoscenza diretta del suo lavoro, non solo ai pittori locali, ma anche al numeroso pubblico accorso per l'Esposizione. |