notizie storico-critiche | Dopo un'iniziale formazione accademica, nel corso degli anni'70 lo stile dello scultore si indirizza verso il realismo, in sintonia con quanto andavano realizzando in pittura Domenico Morelli e Francesco Paolo Michetti: la sua produzione, finora legata alla scultura romantica e purista e caratterizzata da un modellato levigato e compatto, vira verso superfici scabre e irregolari, che ne accentuano i contrasti di luce ed esaltano le qualità cromatiche delle materie adoperate. Grande scalpore e accesi dibattiti suscita la presentazione del gruppo I Parassiti (Napoli, Museo Nazionale di Capodimonte) all'Esposizione nazionale di belle arti di Napoli del 1877 per il realismo della rappresentazione. Pari polemiche vennero sollevate dall'opera Proximus tuus, con cui lo scultore si afferma come uno dei maggiori esponenti del verismo sociale italiano, contribuendo alla diffusione della scultura verista in Italia. L'opera, esposta a Torino nel 1880 nella versione in gesso, destò scalpore per la novità del soggetto: uno scarno zappatore seduto a terra con le gambe divaricate e l'espressione inebetita dalla fatica. Per la prima volta nella scultura italiana veniva presentata la miseria e la durezza nel lavoro dei campi, con la figura del contadino resa negli aspetti di abbrutimento e di rassegnazione. Molti critici ne evidenziarono la forte componente politica e il carattere di denuncia sociale, riconducibile alle correnti del socialismo umanitario; per altri aspetti invece il titolo evangelico richiamava la nozione di compassione e carità cristiana. Lo stesso D'Orsi intervenne per respingere l'interpretazione politico-rivoluzionaria della sua opera, chiarendo che il suo intento era solo di mirare a quel vero oggettivo ispirato alle idee di Zola, che Francesco De Sanctis aveva contribuito a diffondere nell'ambiente napoletano (De Micheli 1992, p. 292): "... vi accerto che nessun pensiero di socialismo o di rivoluzione ha traversato il mio spirito durante la creazione di questo gruppo. Se han voluto attribuirmi altre idee, è stato molto ingiustamente" (Della Rocca, 1883, p. 321). Una delle fonti d'ispirazione della scultura potrebbe essere individuata nel disegno di Jean-François Millet, Le vigneron, del 1869-70 (Nochlin, 1979, p. 169, scheda 65), conosciuto probabilmente dallo scultore napoletano attraverso l'interpretazione datane dal pittore francese Jules-Bastien Lepage (Mimita Lamberti, 1983, pp. 1093-1096). Altra fonte ispiratrice del gruppo fu la produzione pittorica di Teofilo Patini ed in particolar modo il dipinto, L'Erede (Roma, Galleria Nazionale d'Arte Moderna), presentato a Milano nel 1881, nonché Lo spaccapietre di Henry Wallis del 1857 (Hard Times 1987, p. 37).Proximus tuus non ottenne a Torino alcun riconoscimento ufficiale, anche se fu comunque presentato con successo in diverse esposizioni: nel 1883 alla Mostra internazionale di Monaco di Baviera, nel 1885 all'Universale di Anversa, nel 1891 all'Internazionale di Berlino, nel 1897 all'Esposizione internazionale di belle arti di Bruxelles (esemplare in marmo), nel 1901 al Salon di Parigi e nel 1904 all'Esposizione universale di Saint Louis. Del soggetto si conoscono il gesso originale (già Roma, collezione Vacca Casciaro) e il marmo (Napoli, Accademia di Belle Arti).Successivamente, lo scultore si affermò come una delle figure di maggiore prestigio dell'arte napoletana con una produzione da una parte monumentale e ufficiale, dall'altra con opere più tradizionali, piccole sculture di genere e busti-ritratto, e partecipando alle più importanti esposizioni in Italia e all'estero.Altri esemplari: Napoli, Accademia di Belle Arti, cortile, versione in marmo (cfr. De Marinis 1984, p.131, n.44); una versione in bronzo di piccole dimensioni, recante sulla base l'iscrizione "Pel. Comm. Mario De Chiara, Napoli 1926" è comparsa ad una vendita all'asta nel 1982 (Roma, Finarte, 1 giugno 1982, n.408 - cat. p.98; cfr. De Marinis 1984, tav.123 bis). L'opera fu esposta a Torino nel 1880 in gesso bronzato (cfr. IV Esposizione Nazionale di Belle Arti a Torino, cat., Torino 1880, p. 36, n. 41). |