notizie storico-critiche | Il ritratto di Giuseppe Verdi (1813 - 1901) fu eseguito il 9 aprile del 1886, come attesta l'iscrizione autografa in alto a destra. Boldini incontrò Verdi per la prima volta il giorno di Natale del 1884, trascorso a Genova a casa del Maestro e di sua moglie, Giuseppina Strepponi: a fare da tramite fu il M° Emanuele Muzio, allievo e braccio destro di Verdi, conosciuto da Boldini verso il 1882 al locale parigino "Mère Morel". Muzio si era dedicato, già dalla metà degli anni '60, dell'allestimento e dell'amministrazione delle opere verdiane all'estero; nel 1870 divenne direttore dell'Opera Italiana a Parigi (cfr. Dini, 2002, vol. I, pp. 179-187).A questo ritratto a pastello precedette un olio (ripr. ivi, tav. LXIII; cat. n. 463), attualmente conservato a Milano presso la Casa di riposo per musicisti Fondazione Giuseppe Verdi, per il quale il maestro posò più volte nello studio di place Pigalle: secondo quanto riportato dalla vedova Emilia Cardona nella biografia del 1951 (pp. 82-84), la presenza, durante le sedute, di Giuseppina Strepponi ed Emanuele Muzio, i quali chiacchieravano continuamente con Verdi, avrebbero distratto il pittore, causando in lui un perenne senso d'insoddisfazione anche ad opera ultimata. Alla tela, infatti, Boldini finì per preferire il pastello eseguito poco dopo: è quello che egli stesso confessa in una lettera dell'8 luglio 1886 indirizzata all'amico Cristiano Banti (cfr. Dini, 2002, vol. II, p. 92), aggiungendo di averlo eseguito in sole tre ore, evidentemente in un momento di grande ispirazione. Nella stesso testo, Boldini afferma di aver rifiutato la somma di 10.000 franchi per l'acquisto del ritratto: l'artista, infatti, lo conservò gelosamente, esponendolo solo in importanti occasioni come l'Esposizione Universale di Parigi del 1889 e la prima Biennale di Venezia (cat. n. 36. Cfr. Dini, 2002, vol. I, p.183). La casa editrice Ricordi, per via del grande successo che l'opera aveva suscitato, commissionò allo specialista Paul Lafond un'incisione, eseguita sotto la direzione dello stesso Boldini, terminata nel 1889 (cfr. Bartolini, 1981, pp. 310-311). Giuseppe Verdi, in una lettera a Giulio Ricordi, afferma: "(...) per quanto sia grande la rassomiglianza ed il merito del lavoro, mi pare sia uno scherzo più che un ritratto serio" (cfr. Cella - Petrobelli, 1981, p. 59). Il Maestro sembra riferirsi alla resa velatamente drammatica della sua espressione nervosa, talmente penetrante e viva da sembrargli quasi caricaturale.L'opera si ricollega ad una serie di ritratti di personaggi dello spettacolo e musicisti al lavoro, tra cui "Il Maestro Emanuele Muzio sul podio" (1882, Milano, Casa di riposo per musicisti Fondazione Giuseppe Verdi. Cfr. Dini, vol. III, tomo I, n. 348), "Il Pianista A. Rey Colaço" (1883, collezione privata. Cfr. Dini, ibidem, n. 377), "Giovane pianista - ritratto di Debussy" (collezione privata. Cfr. Dini, ibidem, n. 379): tutte queste opere sono caratterizzate da un tratto veloce e sicuro e da inquadrature ardite, sulla scia delle coeve sperimentazioni di Edgar Degas e Tolouse-Lautrec (Cfr. A. Villari in Boldini, 2005, pp. 173-185).Il pastello è stato donato da Boldini alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna nel 1918, grazie alla mediazione della principessa Letizia di Savoia. |