notizie storico-critiche | Allievo di Enrico Pollastrini all'Accademia di Firenze e di Antonio Ciseri alla Scuola Libera del Nudo, Niccolò Cannicci rimane nel capoluogo toscano fino al 1868, anno in cui si ritira a vivere per motivi di salute vicino a San Giminiano. Qui si dedica alla pittura dal vero, ritraendo con grande partecipazione soggetti di genere e i mutevoli paesaggi della campagna circostante, in vaste composizioni. Nei primi anni settanta il pittore soggiorna ancora spesso a Firenze, esponendo le sue opere alla Galleria Lega-Borrani in Piazza Santa Trinita e poi presso quella di Luigi Pisani, alternando rappresentazioni del mondo borghese a soggetti rurali, su cui negli anni seguenti focalizzerà il suo interesse. Profondamente fecondo per l'artista risulta dunque l'ambiente fiorentino, dove frequenta il circolo del Caffè Michelangelo e si lega strettamente ai pittori della "macchia" suoi conterranei. Nel 1872 espone alla Promotrice tre quadri di genere riscuotendo un discreto successo, e nel 1875 con F. Cioli, G. Fattori ed E. Ferroni si reca a Parigi dove, pur non esponendo, a differenza dei suoi due compagni al Salon, ha la possibilità di studiare l'arte dei Barbizonniers e quella di altri maestri, in particolare Jules Breton. L'arte di Cannicci, tuttavia, pur risentendo delle correnti naturalistiche europee, manterrà nei suoi dipinti un tono più fragile, più verista, che celebra nei soggetti campestri l'armoniosa linearità dell'ambiente naturale e la semplicità dei costumi della sua gente, espressione di un naturalismo elegiaco venato di malinconia in contrapposizione alle novità del progresso incombente.Gli anni Ottanta segnano la raggiunta maturità del suo stile e il pittore svolge un'intensa attività espositiva in Italia e all'estero, venendo premiato nel 1889 all'Esposizione Universale di Parigi per il Ritorno dalla festa (ubicazione ignota).La Seminagione del grano in Toscana, realizzata nel 1882, fu presentata all'Esposizione Internazionale di Monaco del 1883 e successivamente all'Esposizione Nazionale di Torino del 1884, dove fu recensita positivamente da Camillo Boito e dal critico francese De Lostalot sulla Gazette dex Beaux-Arts. Fu in quest'occasione che lo stesso Boito, parte della commissione di Belle Arti incaricata di scegliere le opere per la costituenda Galleria Nazionale d'arte moderna, fece acquistare il dipinto, per documentare gli sviluppi dell'arte nelle varie regioni d'Italia e promuovere lo sviluppo di un'arte 'nazionale'. E' una delle opere più impegnative di Cannicci per la complessità della composizione, incentrata sulla rappresentazione di contadini intenti al lavoro nei campi, le cui figure si stagliano su un cielo serotino nella visione prospettica dal basso verso l'alto.Il dipinto affronta con grande sensibilità e partecipazione emotiva il tema della semina del grano, particolarmente amato dall'artista, e fu eseguito da Cannicci anche in altre due versioni, probabilmente successive, con varianti nelle figure di contadini. |