notizie storico-critiche | La collocazione originaria del dipinto a Villa della Regina è documentata dal primo inventario noto risalente al 1755 (cfr. Angela Griseri, Un inventario per l'esotismo. Villa della Regina 1755, Torino 1988, p. 22). La tela era allestita ad uso di sovrafinestra nell'Anticamera verso Levante dell'Appartamento di Sua Maestà (stanza 27) in coppia con un altro dipinto raffigurante "sette putti che giocano a gattorba". L'opera è da leggere in serie con sei sovrapporte dedicate ad episodi tratti dalle "Metamorfosi" di Ovidio, rubate nel 1979 e non ancora recuperate (la documentazione relativa si trova in SBAS 67, Ufficio Furti, fasc. Torino, Villa della Regina, settembre 1979. Le fotografie delle tele rubate sono pubblicate in C. Mossetti, Affrontare una vicenda complessa: problemi e verifiche, in C. Mossetti, a cura di, Villa della Regina. Diario di un cantiere in corso, Torino 1997, figg. 12-19). L'inventario descrive il soggetto della sovrafinestra ("sette puttini che giocano a Gatt'orba", le misure, e, brevemente, anche le cornici ("ad intagly dorati in fondo griggio"). La stessa descrizione è ripetuta senza varianti negli inventari successivi del 1767 e 1777 (Biblioteca Reale, sc. 45, Inventarj Villeggiatura Reali presso Torino. Villa detta della Regina, dossier n. 16). Riferite dalle ricognizioni del 1812 e del 1845 a Jan Miel (ASTO, Casa di S.M., 872.11; ASTO, Corte, Archivi Privati, Castelli Berroni, Carte, 19) le due sovrafinestre si distinguono per i soggetti arcadici dalla serie delle tele che ornano non solo questa ma anche l'attigua Camera verso Levante detta del Trucco (stanza 30, quattro sovrapporte e due sovrafinestre), ispirate alle "Metamorfosi". Nel 1891 V. E. Gianazzo di Pamparato (Il Principe Cardinale Maurizio di Savoia mecenate dei letterati e degli artisti, Torino 1891, p. 22) proponeva come possibile autore dei dipinti Francesco Solimena, attribuzione riproposta nel 1942 da Eugenio Olivero (La Villa della Regina in Torino, Torino 1942, p. 26), al quale le tele apparivano ormai "assai annerite e screpolate", tanto da non riuscire più a precisarne i soggetti (sono indicate come possibili fonti la Bibbia o "poemi epici"). Spetta ad Andreina Griseri (Il rococò a Torino e Giovanni Battista Crosato, in "Paragone", n. 135, marzo 1961, p. 59) il merito di aver riportato l'attenzione sui quattordici dipinti, inserendoli nel corpus delle opere del primo periodo torinese (1733-1736) di Crosato e di averne individuato correttamente l'iconografia. Un termine cronologico preciso per l'inizio della sua attività a Torino è fissato da un pagamento del 30 aprile 1733 relativo a lavori eseguiti in Palazzo Reale, da collegare, secondo la studiosa (1961), con le decorazioni a puttini allegorici e fiori eseguite per la camera da lavoro della Regina. Allo stesso anno (aprile-ottobre) era riferita l'esecuzione di uno zoccolo a pannelli lignei, con rappresentazioni mitologiche, riconosciuto dalla Griseri, originariamente a Palazzo Carignano e poi trasportato a Palazzo Madama dove nel 1927 fu rimpiegato nella Sala Verde: anche in questo caso si tratta di soggetti tratti dalle "Metamorfosi" di Ovidio: Diana e Endimione; Venere e Adone; Medea ringiovanisce Esone. Riconosciuti dalla critica come "chiara prova della sua maturità espressiva" (Rodolfo Pallucchini, La pittura nel Veneto. Il Settecento, Milano 1994, pp. 130-131), i pannelli dello zoccolo sono stati recentemente documentati al 1740 da Cristina Mossetti, come dono di Carlo Emanuele III al principe Luigi di Savoia Carignano in occasione del matrimonio con Cristina Enrichetta d'Assia (C. Mossetti, Giovanni Battista Crosato, in Il Tesoro della Città, catalogo della mostra a cura di S. Pettenati. G. Romano, Torino 1996, p. 147, n. 307). Per la pittura densa e rapida e i tocchi di luce improvvisi. queste opere sembrano costituire il riferimento stilistico più immediato per le tele di Villa della Regina, dove a Crosato spetta anche la decorazione delle volte dei due vestiboli del salone rappresentante puttini allegorici dell'inverno e dell'estate. |